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Può una generazione che ha vissuto lo scrivere versi come atto politico – politica del vivere, politica di speranze collettive e di estroverse dimensioni pubbliche – proporsi rinuncia e silenzio? Rispondo ad Antonio e anche a me stessa, col mantra quotidiano tratto dai versi di Pagliarani.
Non so per quanto ancora la nostra generazione potrà parlare nel panorama conformista che governa i molti, i loro gusti, le loro scelte e le loro poesie, impicciate e confuse da un sentimentalismo nascosto sotto mode prosaiole e postmoderne, ma di
certo, finché ci sarà dato, come dice Pagliarani nei versi conclusivi de La Ballata di Rudi «[...] dobbiamo continuare / come se / non avesse senso pensare / che s’appassisca il mare».
E versi come quelli di Antonio, che si rifugiano con garbo nei sentieri ancora inesplorati della serietà del gioco poetico e della sua balenante tristezza, devono seguire l’esortazione e continuare a dire e a raccontare per il futuro.
Cetta Petrollo Pagliarani